"sappie che, tosto che l'anima trade
come fec'io, il corpo suo l’è tolto
da un demonio, che poscia il governa
mentre che ’l tempo suo tutto sia vòlto".



domenica 13 maggio 2012

§7. Antidoto e sterilizzazione


La determinazione del consenso nei regimi totalitari costituisce il presupposto dell’esistenza di questi sistemi politici.

Il mantenimento del consenso rappresenta una necessità imprescindibile, ma esso avviene secondo modalità differenti se il regime totalitario è a base monopartitica o, invece, multipartitica. Occorre, in ogni caso, introdurre nella dinamica di formazione del consenso un rimedio alle eventuali reazioni che potrebbero innescarsi negli elettori.

Nei regimi totalitari a dinamica monopartitica il rimedio è rappresentato da tutte le difese esterne attivate allo scopo di evitare il contatto – e la conseguente penetrazione – da parte di agenti che potrebbero compromettere l’integrità del sistema. Polizie segrete e non, uffici politici, controspionaggio interno sono alcuni tra i numerosi strumenti istituiti per ottenere una sorta di “sterilizzazione chimica” dell’ambiente in cui si forma il consenso.

Nei regimi totalitari a dinamica multipartitica il rimedio è un vero e proprio antidoto, sintetizzato nell’elettore attraverso l’impiego di un catalizzatore, allo scopo di provocare dall’interno la neutralizzazione della possibile reazione di rigetto.
In questo caso è doveroso parlare di “rigetto”, poiché l’elettore è indotto a credere che l'adesione ad una ideologia sia il frutto di un suo personale convincimento, ovvero una scelta operata in seguito ad una valutazione critica delle proposte programmatiche presentate, laddove le opinioni diffuse sono impiantate nella mente degli individui dalle forze instancabili dell'informazione di regime.

Dunque è contro la reazione di rigetto che occorre operare per conservare il potere. Nel regime democratico non è necessario ricorrere alla “sterilizzazione chimica”, se non in minima parte. La parte preponderante nella conservazione del potere è svolta dall'antidoto, sintetizzato nella coscienza dell’elettore mediante lo spirito di contrapposizione. Questo obbliga l’elettore a deliberare una scelta, affinché su di essa possa poggiare il consenso. 
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sabato 12 maggio 2012

§6. Alienazione consenziente


Ingabbiato nella dinamica della scelta tra due opzioni contrastanti, il consenso viene convogliato verso un insieme definito (il raggruppamento di potere), composto da gruppi di potere omogenei.

Questi alimentano artatamente la contrapposizione, rendendola parossistica ed alienante (si è disposti, infatti, a rinunciare alle proprie capacità critiche pur di sostenere una delle due parti contrapposte), in questo modo vincolando patologicamente coloro che si lasciano irretire dall’eccitazione del contrasto.

Il raggruppamento ottiene una costante alimentazione dalle energie psichiche degli elettori, le quali consolidano il sistema producendo all’esterno (cioè agli occhi degli stessi elettori) un’immagine derivante dalla medesima energia che gli elettori hanno prodotto.

Chi esprime il consenso fornisce l’energia sufficiente a produrre un’immagine del sistema che rifletta l’intenzione originaria dell’elettore. Uno stato alterato di coscienza – potenziato dall’eccitazione dell’appartenenza ad uno degli aggregati in lizza – induce a vedere il sistema come una proiezione del mondo interiore, e, pertanto, come una realtà legittimata dalla scelta compiuta.

Nel regime democratico, il consenso è lo strumento con cui viene sintetizzato nella coscienza alterata dell’elettore l’antidoto al rigetto del raggruppamento di potere esistente.
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martedì 1 maggio 2012

§5. Fenomenologia del consenso


Non dovrebbe riuscire difficile riconoscere, riprendendo l’insegnamento di Platone, che affidare la selezione della "classe politica" a chi non ha alcuna conoscenza della politica è una contraddizione in termini. L’ennesima...

La gestione del consenso nei regimi democratici è una questione primaria, molto più importante dell’operazione di riadattamento dei programmi "politici" alle mutate situazioni. Quest’ultima, infatti, rientra nella routine di qualsiasi gruppo di potere e costituisce solo l’aspetto esteriore della cosiddetta "competizione elettorale".
Nell’epoca in cui si dispiegano complesse strategie persuasive allo scopo di formare schiere compatte e affidabili di consumatori, il gruppo di potere che volesse semplicemente affidarsi alla pubblicazione di un programma politico per garantirsi un consenso finirebbe per subire l’imprevedibilità dei flussi di energia provenienti dal corpo elettorale.

Per essere compreso nei suoi dettagli, nelle conseguenze che potrà avere a medio e lungo termine, nonché nella validità effettiva delle proposte avanzate, un programma politico richiede un’accurata analisi, che non può essere certo richiesta  ad una folla indistinta. A questa, che, come s’è visto, reagisce per vie lontane dalla razionalità, vanno proposti slogan e parole d’ordine secondo una modalità che ricorda la recitazione dei mantra. La ripetizione genera, così, un meccanismo di accettazione automatica, per cui si rendono accettabili concetti che in precedenza si sarebbero reputati estranei.

Il consenso non può essere lasciato libero di autodeterminarsi. Un gruppo, che miri a restare inscritto nel perimetro di potere proprio ad uno specifico sistema, deve eliminare l’imprevedibilità e acquisire la capacità di predefinire le scelte degli elettori attraverso forme di coazione.
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lunedì 30 aprile 2012

§4. Debiti elettorali


L’elettore, proprio perché sottoposto al carico emotivo della frustrazione, diventa una fonte di energia. 
Egli avverte la necessità psichica di partecipare al rito elettorale per dare soddisfazione al suo desiderio di decifrare il caos in cui è recluso. Pur sapendo quanto sia priva di efficacia la sua azione, egli la compie per lenire il dolore della frustrazione. 

Questa spinta viene intercettata dai gruppi di potere, i quali poi la convertono nella legittimazione del proprio ruolo. In altri termini: l’azione elettorale costituisce un credito nei confronti del gruppo di potere, che usa questo credito per indebitare l’elettore stesso, costringendolo a riconoscere la validità della "moneta" (il consenso) che ha elargito. 
L'elettore, infatti, non potrà, se non a costo di introdurre nella sua esistenza un'ulteriore contraddizione, disconoscere il gruppo di potere che ha sostenuto con la propria scelta e, indirettamente, riconosce come legittimo tutto il sistema in cui il gruppo è inserito.

Nei regimi democratici, il voto, fornendo l'energia sufficiente a conservarlo, sancisce la legittimità dell’intero sistema di potere. Ogni gruppo, per poter conservare la sua presenza nel raggruppamento di potere, deve avere come primo obiettivo il consolidamento della riserva di energia donde trae la possibilità stessa di esistere. Non può rischiare, infatti, di scomparire a causa della imprevedibilità del flusso energetico. Deve azzerare la "casualità della preferenza" e stabilire una regola di determinazione del consenso.
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mercoledì 25 aprile 2012

§3. L'idolo della partecipazione


La nevrosi, generata nel partecipe (l’elettore dispensatore di consenso) dall’atto del “prendere parte”, è il frutto di un meccanismo di rimozione che richiede una costante produzione di energia per giustificare l’accettazione dell’inaccettabile e accogliere in sé, in maniera apparentemente indolore, la contraddizione.

La scelta, però, è compiuta, dunque si appartiene, e tuttavia le maggiori difficoltà dell’esistenza non sono neppure sfiorate. L’irreversibilità della condizione di crisi in cui si versa suscita un ininterrotto senso di frustrazione e, paradossalmente, un più ottuso istinto di appartenenza, nonostante si percepisca la completa mancanza di peso dell’azione del singolo.

Le fondamenta del potere nei regimi democratici sono poggiate, dunque, sulla nevrosi provocata dalla costante necessità di rimuovere la contraddizione insita nell’obbligo interiore di partecipare ad un sistema in cui l’azione del singolo è del tutto irrilevante. Da un lato, quindi, l’individuo avverte l’interiore obbligo a partecipare, dall’altro riconosce quanto sia irrilevante la propria partecipazione.

Questo aspetto della dinamica dei regimi democratici dimostra la sostanziale irrazionalità di questi sistemi di potere.
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domenica 22 aprile 2012

§2. Stabilizzazione del consenso


Nel regime democratico le fonti di energia sono rappresentate dal consenso manifestato dagli elettori.

Tuttavia, se il consenso fosse lasciato libero di autodeterminarsi, la risorsa energetica che esso costituisce sarebbe ingestibile, ovvero sarebbe impossibile una programmazione dello sfruttamento della risorsa. In assenza di programmazione, il gruppo è destinato all’estinzione, vittima delle variazioni momentanee dei flussi di energia.

Occorre neutralizzare, dunque, l’imponderabilità del consenso attraverso l’impiego di strumenti di stabilizzazione. Gli strumenti di cui i regimi democratici moderni si sono dotati, e che hanno dimostrato nel tempo la loro efficacia, possono essere tutti ricondotti alla tecnica della “polarizzazione”. Come in un circuito a corrente continua, esiste una direzione del flusso di energia, che, nel caso delle dinamiche statuali odierne, va dall’elettorato (la fonte di energia) al raggruppamento di potere (il dispositivo, semplice o complesso, che consuma l’energia).

Nel sistema democratico odierno vengono offerte agli elettori opzioni contrastanti.

Il contrasto risulta estremamente efficace nell’ottenere una manifestazione di consenso. Esso, infatti, innesca un meccanismo automatico nella volontà dell’elettore consistente nell’istinto di prendere parte, anche in maniera incosciente. Nessuno, infatti, è tanto stupido da non riconoscere razionalmente che nei gruppi che si contendono la funzione amministrativa vi siano aspetti accoglibili e altri sicuramente inaccettabili, ma l’istinto di partecipazione induce a mettere da parte gli aspetti inaccettabili della propria parte.

Solo l'esistenza di un forte meccanismo di rimozione permette di perdurare in questa situazione, ma ne consegue, necessariamente, una condizione di nevrosi.
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sabato 21 aprile 2012

§1. Autopsia di un regime


In qualsiasi regime democratico, i gruppi che intendono conservare il loro posto all’interno del raggruppamento di potere hanno la necessità di immettere costantemente nel sistema la quantità di energia necessaria a mantenere in equilibrio il sistema stesso.

In questa condizione non è possibile una soluzione della continuità, pena la variazione irreversibile della composizione del raggruppamento. Il sistema, infatti, deve ricevere ininterrottamente energia per restare in equilibrio.

Nessun gruppo può permanere nel sistema azzerando il proprio peso in esso. Ne deriverebbe inevitabilmente un riassestamento del sistema con esclusione del gruppo inerte, dovendo il raggruppamento conservare la quantità totale di energia indispensabile al suo sostentamento.

La necessità di permanere entro il contesto di potere circoscritto impone al gruppo un dovere primario: il controllo della fonte di energia.
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